Il rapimento e il sequestro

Anche nella necessità si può essere liberi, cioè si può essere convinti di fare qualche cosa di utile; e non si sta lì, forzati, ma si cerca, poiché si è là, di ritrovare qualche cosa di utile per il Paese, o di capire o di farsi capire, perché anche nella necessità qualcosa di utile può emergere

Il 16 marzo 1978, mentre si recava alla Camera, ove era all’ordine del giorno il voto di fiducia al quarto governo Andreotti (monocolore democristiano sostenuto dal voto del Pci e dei partiti astenutisi sul precedente governo), l’auto di Aldo Moro e quella della scorta furono assalite da un commando di terroristi delle Brigate rosse. I carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci e gli agenti di polizia Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi furono uccisi e l’uomo di Stato sequestrato. Moro fu tenuto prigioniero per 55 giorni, nel corso dei quali poté inviare alcune lettere, recapitate dai carcerieri (altre pagine da lui scritte, tra cui il Memoriale, furono rinvenute in copia dattilografica e in fotocopia in un covo brigatista, parte a fine 1978 e parte solo nel 1990). Moro fu assassinato il 9 maggio 1978 e il corpo fatto ritrovare nel bagagliaio di una Renault 4 in via Caetani, nel centro di Roma.