Mentre il congresso della Dc (marzo 1976) elesse, con una leggera maggioranza, Benigno Zaccagnini alla segreteria, sulla linea auspicata da Moro del rinnovamento del partito, le elezioni politiche del giugno 1976 – che evidenziarono l’affermarsi di «due vincitori», come Moro ebbe a commentare – imposero il tema di una nuova qualità del confronto tra le forze politiche. Si ebbe dunque un esecutivo monocolore democristiano (terzo governo Andreotti, luglio 1976 - marzo 1978, detto governo della non sfiducia) sostenuto dall’astensione di liberali, socialisti, socialisti democratici, repubblicani e comunisti.
Moro assunse la carica di presidente del consiglio nazionale della Dc (ottobre 1976) e, soprattutto nei mesi a cavallo tra il 1977 e il 1978, lavorò alla soluzione di una difficile temperie che vedeva da un lato l’esigenza della solidarietà – al fine di risollevare le sorti del paese sulla base del progetto repubblicano e costituzionale – e, dall’altro, le diffidenze, interne e internazionali, motivate dall’avvicinamento del Pci all’area del governo.