Il centrosinistra (1963-68)

Si sono conciliati alla democrazia ceti tentati a volte da suggestioni autoritarie e chiusure classiste. Ma, soprattutto, sono entrati a pieno titolo nella vita dello Stato ceti lungamente esclusi. Grandi masse di popolo guidate dai partiti, dai sindacati, da molteplici organizzazioni sociali, oggi garantiscono esse stesse quello Stato che un giorno considerarono con ostilità quale irriducibile oppressore

Moro assunse la presidenza del Consiglio nel novembre 1963 e la mantenne per l’intera legislatura (1963-68), dando vita a tre governi consecutivi sostenuti da una coalizione di quattro partiti (Democrazia cristiana, Partito socialista, repubblicano, socialista democratico); vicepresidente del Consiglio il leader socialista Pietro Nenni.

La navigazione affrontò momenti difficili, anche a motivo delle tensioni interne alla Dc, e due crisi di governo. La prima (estate 1964, durante la quale si intravide anche la larvata minaccia di una sollevazione militare), ebbe la conseguenza di ridurre le aspettative di rinnovamento sotto i cui auspici era nato il centrosinistra, riducendolo a un «centrismo aggiornato», come scrisse lo stesso Moro nel Memoriale steso nel carcere delle Brigate rosse.

Non di meno, l’attività di governo ebbe notevole intensità (con particolare riguardo all’economia, alle pensioni, al welfare, alla scuola, ai diritti dei lavoratori, al diritto di famiglia), talora iniziando percorsi che avrebbero dato frutti nelle successive legislature.

La politica estera dei governi Moro (ministri Giuseppe Saragat, Fanfani e Moro stesso) fu orientata nella direzione della «pace nella sicurezza» in senso atlantico ed europeista, con un’attenzione particolare ai problemi del confine nordorientale (Trieste e la questione altoatesina).