Parlamento e partito

Il politico non ha solo il compito di non guastare quel che la vita sociale, nel suo evolvere positivo, va di per sé costruendo. Tra la disponibilità e la realtà, tra la ricchezza di base e la composizione armonica nel contesto sociale vi è uno spazio molto vasto (e ricco di problemi di ogni genere), il quale ha da essere occupato da una indispensabile e lungimirante iniziativa politica. Ad essa spetta fare una sintesi appropriata ed organizzare il consenso non intorno a dati particolari, benché importanti, ma intorno ad un disegno complessivo e, nella sua complessità, compiuto e stabile

Sottosegretario agli Affari esteri nel quinto governo De Gasperi (maggio 1948 - gennaio 1950), nella seconda legislatura Moro fu dal 1953 al luglio 1955 presidente del gruppo democristiano alla Camera e membro di diritto del consiglio nazionale del partito.

Moro in quegli anni individuò lo spazio politico entro il quale era possibile il governo e lo sviluppo della democrazia. Si trattava da un lato di accogliere il disegno degasperiano che aveva fatto della Dc il maggiore partito e il perno dello sviluppo politico del paese, e dunque preservare l’unità del partito, la cui eventuale rottura avrebbe potuto mettere in discussione lo stesso progetto democratico; da un altro, far sì che quello stesso partito – di varia composizione sociale, politica e culturale – valorizzasse quell’orientamento popolare, quel «guardare a sinistra» che era una delle sue vocazioni.

Ferma e convinta l’adesione ai valori del campo occidentale, la posizione di Moro si rafforzò gradualmente con la crisi del centrismo, cioè con la difficoltà progressivamente crescente della Dc a costituire maggioranze parlamentari stabili con i partiti di centro.